Consiglio Nazionale Forense (CNF): indicazioni ai Consigli dell’Ordine (e agli

Avvocati) per assicurare la conformità alla normativa sui “Cookie” dei siti internet di

Avvocati o Studi Legali.

Il 4 giugno scorso il CNF ha inviato alcune indicazioni ai Presidenti dei Consigli dell’Ordine

sull’adeguamento dei siti istituzionali dei loro iscritti alla normativa sull’utilizzo dei Cookies.

La normativa, in adempimento della Direttiva 2009/136/CE, si propone di rendere

consapevoli i navigatori-utenti dei siti internet sull’esistenza in essi di cosiddetti “cookies”

(=piccoli file utili alla navigazione Internet), e di rendere possibile la scelta se continuare

ad utilizzarli o meno.

Il CNF ricorda che “…è fatto obbligo ai titolari di siti web di informare gli utenti che visitano

il sito sulle modalità di utilizzo dei cookie (informazioni immesse nel browser dell’utente

quando visita un sito web, che contengono dati diversi, come, ad esempio, il nome del

server da cui proviene, un identificatore numerico, e che vengono memorizzate, per poi

essere ritrasmesse agli stessi siti alla visita successiva)”. L’informativa dovrà innanzitutto

precisare che tipo di cookie utilizza il sito, se esclusivamente di tipo “tecnico” (finalizzati

tramite autenticazioni informatiche, monitoraggio di sessioni e memorizzazione di

informazioni specifiche sugli utenti che accedono ad una pagina web, etc. a rendere più

veloce e rapida la navigazione) ovvero di “profilazione” (utilizzati per profilare e monitorare

gli utenti durante la navigazione, studiare le abitudini di consultazione del web e di

consumo allo scopo di inviare pubblicità di servizi mirati e personalizzati), gestiti

direttamente dal titolare del sito o da terze parti. Nel primo caso basterà elencare il tipo di

cookie utilizzati ed indicare le modalità di disattivazione degli stessi (pur sempre possibile,

anche se penalizzante la velocità di navigazione);nel secondo caso è invece necessario

anche acquisire il preventivo consenso degli utenti.

Dal punto di vista operativo, fatti salvi i requisiti di cui all’art. 13 del codice della privacy, è

suggerito di impostare l’informativa su due livelli di approfondimento successivi:

– una “informativa breve”, da inserire sull’home page, ed in ogni pagina che consenta

l’accesso al sito, eventualmente anche tramite un banner; integrata da

– una “informativa estesa”, alla quale si accede attraverso un link, cliccabile dall’utente.

In caso di siti contenenti anche cookie di profilazione, la richiesta di consenso deve essere

inserita nell’informativa breve. Si rammenta che il mancato rispetto della normativa in

esame comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria da un minimo di 6.000 fino a un

massimo di 36.000 euro in caso di omessa o inidonea informativa; oppure da oppure da

10.000 a 120.000 euro in caso di utilizzo di cookie di profilazione senza il consenso

preventivo dell’utente.

Fonte: newsletter Ufficio stampa CNF

Gli utenti non possono ottenere da Google la cancellazione dai risultati di ricerca di una notizia che li riguarda se si tratta di un fatto recente e di rilevante interesse pubblico: il diritto all’oblio, infatti, deve essere bilanciato con il diritto di cronaca. Questa la decisione del Garante Privacy che ha respinto il ricorso di una persona che contestava la decisione del motore di ricerca di non deindicizzare un articolo che riferiva di un’inchiesta giudiziaria in cui risultava implicata.
La persona indagata chiedeva di cancellare il riferimento all’articolo perché, a suo avviso, il testo riprodotto era “estremamente fuorviante ed altamente pregiudizievole”. Nel corso dell’istruttoria avviata dall’Autorità, è però emerso che la notizia contestata risultava essere
molto recente e soprattutto di sicuro interesse pubblico, riguardando un’importante indagine giudiziaria che ha visto coinvolte numerose persone, seppure in ambito locale. I dati personali riportati, tra l’altro, erano stati trattati nel rispetto del principio di essenzialità
dell’informazione.
L’Autorità ha quindi respinto la richiesta della ricorrente di bloccare a Google il trattamento dei suoi dati personali – non facendo più associare nei risultati delle ricerche il proprio nominativo all’articolo citato – in quanto, in questo caso, risultava prevalere il diritto di cronaca sul diritto all’oblio. Ha inoltre ricordato che la persona interessata, nel caso ritenga non veritiere le notizie che la riguardano, può comunque chiedere all’editore l’aggiornamento, la rettificazione e l’integrazione dei dati contenuti nell’articolo.
Fonte: Newsletter Garante Privacy del 31 marzo 2015