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Microsoft e Google hanno raggiunto un accordo per chiudere circa 20 contenziosi che le contrapponevano sia davanti ai tribunali degli Stati Uniti che a quelli tedeschi e chiude un contenzioso che si protraeva ormai da cinque anni. Questo era stato ereditato da Google con l’acquisizione di Motorola: nel 2010 Microsoft aveva convenuto in giudizio Motorola accusandola di danneggiare i propri diritti di proprietà intellettuale su alcune applicazioni di Android che questa installava sui propri dispositivi. Microsoft aveva quindi chiesto il pagamento delle relative royalty. La battaglia si è inasprita ulteriormente dal 2013 quando Google subentrava a seguito dell’acquisizione di Motorola stessa.

I termini dell’accordo appena sottoscritto sono, ovviamente, segretati tuttavia è trapelato che gli ex-contendenti hanno deciso di “collaborare su alcune questioni brevettuali e su alcune questioni relative ad aree che in futuro potranno portare a benefici per gli utenti”. La pace ora siglata sembra dunque confermare la recente tendenza all’interno delle grandi aziende ICT nei confronti dei contenziosi sui brevetti: l’idea è che lo scontro legale frontale finisca per costare troppo senza portare reali risultati. La stessa guerra Microsoft-Motorola si era ramificata davanti ai Tribunali di diversi Paesi con tutte le difficoltà e conseguenze del caso, convincendo le contendenti che fosse preferibile raggiungere un più utile (ed economico) accordo di coesistenza.

Gli utenti non possono ottenere da Google la cancellazione dai risultati di ricerca di una notizia che li riguarda se si tratta di un fatto recente e di rilevante interesse pubblico: il diritto all’oblio, infatti, deve essere bilanciato con il diritto di cronaca. Questa la decisione del Garante Privacy che ha respinto il ricorso di una persona che contestava la decisione del motore di ricerca di non deindicizzare un articolo che riferiva di un’inchiesta giudiziaria in cui risultava implicata.
La persona indagata chiedeva di cancellare il riferimento all’articolo perché, a suo avviso, il testo riprodotto era “estremamente fuorviante ed altamente pregiudizievole”. Nel corso dell’istruttoria avviata dall’Autorità, è però emerso che la notizia contestata risultava essere
molto recente e soprattutto di sicuro interesse pubblico, riguardando un’importante indagine giudiziaria che ha visto coinvolte numerose persone, seppure in ambito locale. I dati personali riportati, tra l’altro, erano stati trattati nel rispetto del principio di essenzialità
dell’informazione.
L’Autorità ha quindi respinto la richiesta della ricorrente di bloccare a Google il trattamento dei suoi dati personali – non facendo più associare nei risultati delle ricerche il proprio nominativo all’articolo citato – in quanto, in questo caso, risultava prevalere il diritto di cronaca sul diritto all’oblio. Ha inoltre ricordato che la persona interessata, nel caso ritenga non veritiere le notizie che la riguardano, può comunque chiedere all’editore l’aggiornamento, la rettificazione e l’integrazione dei dati contenuti nell’articolo.
Fonte: Newsletter Garante Privacy del 31 marzo 2015